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28 maggio /

25 giugno

2019

Roberto Ciardo / Luca Coclite | Mezzocielo
testo critico di Eliana Masulli


Con la bipersonale dal titolo Mezzocielo, gli artisti Luca Coclite e Roberto Ciardo esprimono l’intenzione di rivelare quanto un punto di vista metaforico dell’arte - e della sua rappresentazione - sia in grado di creare uno stretto legame tra il luogo percettivo della mente e il paesaggio concreto e naturale, in cui l’uomo non solo abita, ma interviene modificandolo. 


Il Mezzocielo, quale linea apparente di congiunzione e di distinzione tra cielo e terra, diviene espressione genuina di un continuo farsi forma concreta; un’immagine territoriale, suggerita dai Nostri, quale camaleontica dimensione dei differenti modi di osservare e assorbire i luoghi della potenza iconica: un processo di trasformazione e astrazione che, partendo dal un dato oggettivo – il territorio - conferisce alla sensibilità soggettiva il mezzo attraverso cui l’immagine rimastica il suo potere da transfert. 


I due artisti decidono di servirsi di una chiave di lettura sinergica seppur fortemente e volutamente polarizzata; la rappresentazione del territorio viene restituita seguendo minuziosi input di riflessione antro-sociologica, dove la veduta dall’alto e la trasmissione della realtà convogliano, in una panoramica a volo d’uccello, l’enfasi della forza naturale commista alla linea d’orizzonte mentale, che interroga l’uomo e il suo agire quotidiano.

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Luca Coclite con la sua Isola di Poseidonia sceglie di rivelare l’immagine subacquea di una prateria sottomarina della specie vegetale tipica dei fondali mediterranei. Rimarcando le personali ricerche artistiche perseguite da diversi anni e volte a dimostrare quanto alla metamorfosi territoriale possa corrispondere una diversa percezione del punto di vista dell’osservatore, Coclite decide di aprire una fessura sulla superficie orizzontale di un contenitore che protegge e preserva, giustappunto, il fascino di una centrifuga endemica della specie oceanica. La poseidonia, quale elemento materiale e concreto di un ecosistema naturale, diviene transluogo e al contempo isola su cui affermare la consapevolezza di un paesaggio che muta, e con esso anche i paradigmi sociali e culturali di una terra che esige tutela e valorizzazione. La video installazione minuziosamente pensata conduce a fare dell’immagine, lo strumento euristico di una forza naturale, che permane e contrasta la schiacciante disamina sulle logiche corrosive di un potere nascosto politicamente scorretto, radicato nel flusso degli affari più che delle coscienze. La barriera di poseidonia, nella sua vigorosa resistenza, diviene simbolo di una spinta vitalistica culturale che rischia di estinguersi per anossia d’intenti, di volontà, di lotta; una “comunità climax” che, metaforicamente, equilibra un fenomeno di “variabilità genetica” interculturale e che, al contempo, rischia di rimanere soffocata sotto il peso di una contemporaneità liquida, massificata e impersonale. Il territorio nascosto e svelato da Coclite diviene il luogo del potere comunicativo ed evocativo delle antinomie vigenti: adesione alla sfida e parassitismo da censura, apertura delle frontiere e sconfinata riluttanza nell’accettare che la diversità costituisca ricchezza e non rinuncia. 

Roberto Ciardo con il collage su tela dal titolo Senza lascia che lo sguardo si raddrizzi, che acquisisca nuovamente un moto ascendente lungo una parete dall’ampio respiro verticale, pronto ora a inabissarsi nuovamente ora ad astrarsi del tutto. Il gesto e le scelte di Ciardo fungono da disarmante modalità di spiazzare la rappresentazione, di stravolgere le aspettative dell’immagine e dei suoi profili, pur mantenendo la proporzione graduale e stratificata di un pensiero genuinamente anticonformista. La denuncia è resa nella sua essenzialità: un “senza” che rimane cristallizzato nell’ampio range delle possibili variazioni percettive che corrono lungo la costa frastagliata dell’immaginario collettivo di una “terra calpestabile”, gli scarti resi dal tempo, restituiti dalla presa di coscienza di un lavorio perpetuante, di una manipolazione che punta al cuore della materia e alla capacità propria di venir sempre privata di una forma autentica e originaria. Carta da pacco, frammenti di una tesi di dottorato scritta a macchina e una busta di plastica sono le qualità intrinsecamente loquaci della denuncia parossistica di Ciardo che, nel loro raziocinante ri-assemblarsi, sembrano ricucire il tempo di una storia quasi autobiografica, seppur comune a tutti. La barriera vigorosa di nascondimento suggerita da Coclite e stesa su un piano orizzontale, diviene in Ciardo la manifestazione di una materialità destinata a riaccordarsi costantemente con le proprie appendici distrutte; nel far questo Ciardo sceglie di palesare le fasi di un ragionamento che decide intenzionalmente di astrarsi, di tendere di nuovo verso l’alto, sublimandosi “senza” più la forma primeva e “senza” più remore nel farlo accadere. Un territorio soggetto a continue modifiche e riassestamenti si fa monito di una dimensione simbolica senza più paesaggio.
 

La capacità di svelare i nascondimenti, così come la necessità di condensare la manifestazione della contingenza sociale contemporanea, restano per Coclite e Ciardo la finalità artistica con cui riuscire a comunicare quanto la metafora intuitiva di un potere celato nell’immagine possa riconfigurarsi e riappropriarsi dei luoghi concreti in cui il Sistema- politico e sociale- riesce a controllarne i confini.

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Progetto Grafico:
Violetta Barba

Social Media Management:

Anna Dormio

Fotografia:
Grazia Amelia Bellitta
Video:
Salvatore Vantaggiato

Ufficio Stampa:
Lucia Flora Reho

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